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Orto a scuola: come crescere bambini consapevoli

Abbiamo intervistato Maria Panteghini, maestra bresciana che insieme ai suoi alunni cura un orto scolastico, un ottimo strumento per insegnare ai bambini a rapportarsi con la Natura e ad autoprodurre. Nel suo progetto tuttavia non c’è solo l’orticoltura: pulizia degli spazi scolastici, yoga, nuoto, camminate, interculturalità sono altri aspetti che contribuiscono a creare consapevolezza nei piccoli.

Scritto il 11 giugno 2018 da 

La Natura è un’ottima maestra per i nostri bambini: insegna loro la pazienza, il rispetto per gli altri esseri viventi, l’importanza di conoscere come si crea e da dove arriva il cibo che mangiamo. Strano dunque che sia così poco presente nelle nostre scuole! Eppure, nella primaria di Erbanno (BS) è una grande protagonista grazie a Maria Panteghini, una maestra che ha voluto coinvolgere i suoi studenti in un percorso di conoscenza e sperimentazione del mondo naturale creando un orto a scuola e proponendo una serie di attività in cui i piccoli si possono “sporcare le mani”.

 
Come ti è venuta l’idea di proporre queste attività ai tuoi alunni?

Avevamo a disposizione dei cassoni riempiti di terra, alcuni rastrelli, cinque palette di un vecchio progetto della Regione Lombardia e la maestra Rosi, che è mia collega e ortolana coi fiocchi. Io cercavo qualcosa di diverso su cui lavorare con i bambini della classe 4^, ma un qualcosa che fosse un progetto condiviso, che mi permettesse di trasformare la parola “inclusione” — spesso così aleatoria nella scuola da essere percepita come galleggiante in uno spazio astratto — in azioni concrete che ci portassero a riflettere su collaborazione, impegno, attesa, fatica, regole e tempo. Amo i fiori, le piante, gli animali, mi sarebbe piaciuto avere a scuola un asino o una capretta, invece avevo un possibile orto…

Il progetto si è poi dimostrato perfettamente capace di interdisciplinarietà: le attività di italiano e di arte per esempio, con la stesura dei testi sulla costruzione degli spaventapasseri o delle decorazioni per l’orto riciclando tappi e barattoli, si sono perfettamente inserite nel progetto, così come quelle di matematica: con il mio collega sono stati calcolati perimetri e aree dei cassoni, divisi e moltiplicati semi e piante.

orto a scuola 2
 
Loro come hanno reagito?

Con entusiasmo fin da subito, lasciandosi coinvolgere e trascinare, ma anche suggerendo e agendo. Credo che troppo spesso a scuola forniamo agli studenti risposte, invece di porre loro domande o problemi. Stavolta abbiamo detto loro: bene, abbiamo tre cassoni ricolmi di buona terra ed erbacce e un pezzo di Terra pieno di sassi a nostra disposizione, che si fa?

Da allora ogni idea ne ha trascinata con sé un’altra. Per esempio, mentre attendevamo pazientemente i primi germogli, abbiamo ripulito i vialetti scavando e togliendo i sassi che affioravano, poi siamo passati ai muri, liberandoli da una parietaria davvero rigogliosa, lì da anni ormai. Ci sono bambini che, dopo pranzo, lavoravano nell’orto anche per un’ora e mezza senza sosta. E bambini che all’inizio non toccavano nulla se non indossando i guanti che a maggio rimestavano nella terra con naturalezza. Avresti dovuto vedere il loro stupore quando abbiamo scoperto che una pianta di fico era nata fra i sassi del muro e altre due fra quelli del monumento ai caduti lì vicino. Sono già diventate le protagoniste dei testi che scriveremo a settembre e il bello è che è stata una proposta dei bambini, così li collegheremo alle attività che abbiamo programmato per ripercorrere i sentieri della Grande Guerra, soggiornando per qualche giorno nella Casa del Parco dell’Adamello a Vezza d’Oglio. Lì l’anno scorso abbiamo impastato e cotto il nostro pane in un prato e ci siamo lanciati e arrampicati con le corde, a settembre cammineremo insieme per ricordare e parlare di pace. Ma questa è un’altra storia.

 
Quali attività svolgete oltre all’orticoltura?

Quest’anno abbiamo coinvolto i bambini in un corso di yoga, con l’obiettivo di lavorare su concentrazione, attenzione, coordinazione e resistenza. Mi piaceva l’idea che, nei momenti di meditazione e rilassamento, riconoscessero la bellezza del silenzio e della lentezza. Poi ci siamo buttati sull’acqua con il nuoto e devo dire che tutti hanno affrontato insicurezze e paure: se accompagnati, i bambini sanno essere più resilienti di quanto ci si possa aspettare.

 
Pensi che avvicinare i ragazzi alla Natura e all’autoproduzione possa essere una buona base per costruire una società migliore un domani?
 

Lo è sicuramente. A Erbanno siamo fortunati perché abbiamo uno spazio esterno che chiamiamo “boschetto” e cerchiamo di passarci più tempo possibile. Lì niente tecnologia o giochi già preparati e guidati da un adulto. Ci si arrampica, si costruiscono case sull’albero e stagni, si scava, si coltiva un noce, si mettono in comune sassi e foglie, che poi si comprano o barattano. Chiaramente nascono litigi e sono capitate anche vere e proprie battaglie di pigne, però nella natura i bambini scoprono la bellezza di uno stare insieme diverso, che ha un sapore più sobrio, di una comunità che è più creativa e vera. Non so se dobbiamo riscoprire vecchie strade di produzione e di distribuzione o scoprirne di nuove, so che con il progetto dell’orto scolastico facciamo un piccolo passo per rifletterci.

 
Come mai oggi abbiamo perso questo legame con la terra?

Perché abbiamo pensato che avremmo potuto farne a meno. Che c’è di più facile che volere frutta e verdura e trovarla in un supermercato? Lucida, pulita, impacchettata. Nessuna fatica, nessuna attesa, ogni desiderio immediatamente realizzato. E anche perché non ci poniamo le domande giuste: mi interessa davvero sapere da dove provengano i pomodori che acquisto? Voglio davvero riflettere sul fatto che dietro quei pomodori ci siano esseri umani privati della dignità e resi schiavi, pagati 2,50 euro a cassone riempito? E infine, se magari ci penso e mi sento impotente, che faccio?

I bambini costruiscono uno spaventapasseri

I bambini costruiscono uno spaventapasseri

 
Spesso i ragazzi vengono visti come superficiali, disinteressati, iper-tecnologicizzati, incapaci di impegnarsi. È vero?

Per niente. I ragazzi sono però bravissimi nell’accorgersi se fingi e se usi una maschera. Non puoi pensare di “insegnare” loro la poesia o l’amore per la lettura o il rispetto per la natura o tante belle regole se avvertono che a te per primo nulla importa. Sono sospettosi nei confronti delle convenzioni e delle apparenze. Se vuoi che si impegnino tu lo devi fare con loro, e poi ascoltarli, parlarci, lasciarli esprimere, creare, proporre, fare e sbagliare. Puoi pretendere rispetto o impegno o passione se somministri una preconfezionata lezione, magari da studiare/memorizzare, e tutto finisce lì? Devono pensare e fare, sentirsi coinvolti.

Quest’anno abbiamo accolto una proposta dell’università Cà Foscari di Venezia che ci proponeva di riflettere sul significato dell’accoglienza: ne è nato un diario a più mani che abbiamo intitolato “Desiderosi… rosi dal desiderio”, in cui i ragazzi hanno immaginato che fare se avessero dovuto accogliere in classe un bambino straniero, Abdou, e leggere le loro idee e le loro riflessioni su temi così dibattuti dà di loro un ritratto sensibile, intelligente, preoccupato e sicuramente pensante.

 

Articolo originale su: www.italiachecambia.org

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