La relazione tra benessere e salute del microbiota intestinale è ormai nota per l’uomo, ma sono ancora pochi gli studi che riguardano gli animali da fattoria. Un nuovo lavoro di revisione mette insieme i molteplici studi al riguardo e riassume le attuali conoscenze, evidenziando una effettiva relazione tra benessere, comportamento e microbiota.
Negli ultimi anni è aumentata sempre di più la conoscenza in merito al ruolo del microbiota intestinale. Cresce l’evidenza del ruolo fondamentale del microbiota rispetto alle funzioni fisiologiche fondamentali dei vertebrati. Molti studi discutono delle implicazioni funzionali del microbiota non solo sull’immunità, la crescita, il metabolismo, ma anche sullo sviluppo del cervello e sul comportamento.
Tuttavia, mentre l’influenza dell’asse microbiota-intestino-cervello sul comportamento è documentata nei roditori e nell’uomo, i dati sugli animali da allevamento sono scarsi. Narjis Kraimi e colleghi della Universitè of Tour hanno realizzato un lavoro di revisione pubblicato recentemente su Physiology & Behavior analizzando le ricerche effettuate su varie specie di animali da fattoria.
Dai diversi studi emerge l’influenza del microbiota sulle emozioni, sulla memoria, sui comportamenti sociali e alimentari degli animali da allevamento. Questo suggerisce che una migliore comprensione degli effetti del microbiota potrebbe avere grandi implicazioni in vari campi della produzione animale. In particolare, il benessere e la salute degli animali potrebbero essere migliorati mediante la modulazione del microbioma intestinale.
Fattori che interagiscono con il microbiota intestinale
Nonostante la maggior parte degli studi relativi al microbiota si concentri sull’uomo e sui roditori, le moderne tecniche generiche consentono ormai di ottenere dati sempre più facilmente, aprendo le porte alla scoperta delle relazioni tra i microrganismi intestinali e i vertebrati che li ospitano.
Tra gli animali da allevamento sono stati raccolti dati a riguardo per cavalli, maiali, quaglie, vacche, pecore, conigli e volatili da cortile. Oltre alla specie, al compartimento intestinale e alla dieta, risultano essere molti i fattori che influenzano la composizione del microbiota intestinale.
Diversi fattori come età, microbiota materno, modalità di nascita, dieta e uso di antibiotici nei primi giorni di vita hanno dimostrato un’influenza sul microbiota di polli, vacche, maiali e puledri.
Anche l’ambiente dove gli animali nascono e crescono nei primi giorni di vita ha un effetto fondamentale, ad esempio polli giovani allevati in ambienti sanificati senza contatti con esemplari adulti hanno sviluppato un microbiota notevolmente differente rispetto ad altri polli venuti a contatto anche per sole 24 ore con esemplari adulti. Inoltre, la coabitazione ha dimostrato di influenzare anche la componente batterica di conigli e maiali.
L’ambiente e lo stile di vita sono fattori fondamentali per la modulazione del microbiota. Ad esempio, l’addomesticamento dei cinghiali modifica notevolmente le specie prevalenti nel microbiota intestinale. Non solo, come prevedibile, razza e genere sono altrettanto importanti, come è stato dimostrato su diverse linee di polli..
Lo stress, come quello generato dallo svezzamento o dal trasporto, è un ulteriore fattore in grado di alterare il microbiota. In uno studio sui puledri alla prima settimana di svezzamento sono state osservate marcate differenze rispetto a quello del settimo giorno post-svezzamento, alterazione solo in parte spiegabile con la modifica dell’alimentazione.
Fattore da tenere in considerazione è, invece, il fatto che la somministrazione di probiotici negli animali da compagnia e allevamento ha portato un aumento di efficienza produttiva e di qualità del latte nel bestiame, oltre che una modifica nei livelli di dopamina e serotonina nei maiali.
A causa della molteplicità di fattori coinvolti nella modulazione batterica, sono davvero pochi gli studi che ne cosiderano in modo completo la complessita, tenendo conto non solo della dieta, ma anche di aspetti ambientali e/o intrinsechi dell’ospite.
Effetti del microbiota sul comportamento degli animali da fattoria
Risultano sempre di più le evidenze della relazione tra il microbiota e il comportamento, anche negli animali da allevamento. Diversi studi hanno osservato cambiamenti nelle emozioni e negli stati di ansia o stress in base allo stato di salute del microbiota.
Nelle quaglie è stata osservata una riduzione della reattività emozionale in caso di assenza di microbiota, in situazioni di paura o cambiamenti cambiamenti sociali, senza alcun impatto sulla crescita. Nei cavalli sottoposti ad una dieta ad alto contenuto di fibre rispettoè stato osservato un microbiota alterato e un periodo di vigilanza più lungo verso nuovi esemplari introdotti nel branco.
Il microbiota sembra influenzare anche le capacità mnemoniche, sempre sulle quaglie è stato osservato che un trattamento mirato con probiotici ha migliorato la memoria degli animali. Nei tacchini la somministrazione di ceppi specifici ha aiutato a ridurre l’aggressività degli animali, mentre la somministrazione del comune lievito Saccharomyces cerevisiae in vacche colpite da acidosi del ruminale ha migliorato la situazione clinica, aumentando di conseguenza l’appetito.
Efficacia e prospettive dell’uso dei probiotici
Da quanto emerge dalla revisione dei molteplici studi sul microbiota degli animali da allevamento, la migliore conoscenza degli effetti del microbiota stesso potrebbe aiutare a tenere sotto controllo patologie, gestire condizioni di stress e favorire il benessere degli animali.
La considerazione del microbiota e del modo in cui può essere influenzato da fattori genetici e ambientali e dalla dieta può essere determinante per agire in modo corretto, intervenendo con opportuni probiotici o modificazioni della dieta per favorire il riequilibrio generale.
Nel complesso, l’influenza del microbiota sul comportamento e sulla salute degli animali da allevamento sembra essere confermata, seppur con le dovute attenzioni e la necessità di ulteriori studi. In tal senso però sarà necessario sviluppare modelli più affidabili, che tengano conto il più possibile delle situazioni reali, in ambienti che dal punto di vista microbiologico possono subire notevoli contaminazioni e sono difficilmente controllabili.